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La formella d'oro con la mappa della Città - 1632
Negli stessi anni in cui è realizzato il quadro raffigurante Sant'Andrea Avellino, 2° Compatrono della Città, dove viene riportata la seconda veduta di Platia, all'orafo sacerdote don Camillo Barbavara è chiesta la realizzazione di tre formelle in oro, argento e smalti, da porre come pettorale sull'immagine della Madonna delle Vittorie. 
Il Vessillo della Madonna già si trova nella custodia in argento eseguita nel 1627 dall'artigiano Giuseppe Capra nella sua bottega di Caltagirone. Le tre opere preziose che realizza l'orafo, sono il frutto della riconoscenza del popolo piazzese e dei Comuni vicini, per le grazie ricevute nei decenni passati. A metà del secolo scorso, nel 1545 e nel 1558, la siccità ha creato gravissime carestie nei paesi della valle del Gela e del Braemi.
In quella del 1545 a Pulice viene in abito di penitenza il presidente 
del Regno, il marchese Ambrogio Santapau, accompagnato da molti nobili 
palermitani. Il quella del 1558 vengono penitenti molti cittadini dei 
Comuni di Aidone, Mazzarino, Barrafranca, Pietraperzia e Butera, per 
pregare la Madonna del Vessillo e ottengono la grazia di un'abbondante 
pioggia. Quarant'anni dopo, nel 1591, la fame, la peste e la siccità 
colpiscono nuovamente il territorio, tanto che il barone Marco Trigona 
offre in prestito 15.000 scudi alla città di Caltagirone per affrontare 
la carestia. 
Nella primavera del 1595 per la grande siccità, il 
raccolto del grano sta per essere perduto, ma il Clero chiama i fedeli a
 una generale penitenza. Fra questi ci sono i giurati Amore, Ligambi, 
Lagnuso e Zebedeo che fanno voto di realizzare una custodia d'argento 
per il Vessillo (quella del 1627), nonché la piastra di protezione 
(quella con la veduta del 1632). 
A grazia ricevuta erogano la 
somma totale di 3932 onze. Nella pianta in oro, non più grande di cm. 16
 x 12 ca., si può dire che è riportata precisamente la veduta già 
riprodotta nelle prime due, solo che qui è in rilievo. In basso si 
distinguono benissimo le mura della città ai lati della porta di S. 
Giovanni Battista, alla cui destra c'è la Commenda, e alla sinistra, 
poco fuori le mura, la chiesa di S. Stefano. 
Continuando a sinistra,
 fuori le mura, c'è il Convento con la Torre del Carmine, poi in verde 
gli orti, al centro il Palazzo della Corte Capitanale, in alto a sx il 
Castello Aragonese, a dx la Chiesa Madre in trasformazione¹, senza 
ancora la cupola. Sempre a dx in senso orario, il complesso del Convento
 dei Francescani al Monte, scendendo, si nota una chiesa, probabilmente 
quella di Santa Caterina, poi abbattuta, nella curva di via Cavour, e in
 verde altri orti fuori le mura. 
Per concludere una nota dolente: 
tutto il pettorale è rubato nel 1997 da un pregiudicato con la 
complicità del sagrestano che fa da basista, ma nel 2003, parte della 
refurtiva con alcuni pezzi del pettorale, sono ritrovati e consegnati da
 un cittadino inglese.
¹ Secondo il prof. Ignazio Nigrelli questa
 veduta, pur essendo stata consegnata nel 1632, sarebbe antecedente a 
quella del dipinto di Sant'Andrea Avellino "... in quanto essa mostra la
 parte posteriore triabsidata della vecchia Chiesa Madre, allora 
intitolata Santa Maria Maggiore, mentre è certamente posteriore la 
veduta del quadro, dove si nota che il muro posteriore della nuova 
Chiesa Madre, cominciato a costruire nel 1627, copre già le tre absidi 
della vecchia..." (I. NIGRELLI, Progetto Ed. Permanente, Ass. Reg. Dis. 
Scol. 27, Tip. Bologna, P. ARM., 1997, p. 12) 

 
						